AUTISMO E EMPATIA. E' POSSIBILE. UNA LETTERA SPIEGA COME SI POSSA "SOFFRIRE ASSIEME".

 




Caro Giovanni,

che piacere risentirti dopo tutto questo tempo!

Ancor di più sapendo che stai bene e ti sia buttato in una nuova impresa! Non sono più di tanto sorpreso, devo scrivere, poiché nel tempo mi sono abituato al fatto che tu sia un “uomo dalle mille risorse”. Certo non mi sarei aspettato di ritrovarti scrittore anche se, come ti definisci tu, “per caso”.

Ho accettato con piacere di leggere il tuo progetto sulla tua storia con Cesare e... Che bello!

Complimenti, sei stato molto bravo, come al solito potrei dire...

Ѐ stato un piacere rileggere la storia di Cesare, e capire, ancor meglio, che cosa è successo in quel lasso di tempo e, grazie al tuo scritto, capire anche perché è potuto accadere...

Devo dire, anzitutto, che mi hanno colpito la lucidità, la semplicità e, nel contempo, la profondità di quanto sei andato a descrivere; con poche, semplici parole sei riuscito a dipingere un mondo che appare ancora oggi strano e misterioso, quello dell’autismo. Mi è venuto spontaneo domandarmi cosa ha funzionato così bene nella vostra relazione e cosa ha permesso di arrivare dove siete arrivati.

La prima risposta è stata: l’EMPATIA!

Questa è una strana parola, talvolta abusata, spesso poco compresa.

Leggendo la storia che tu hai scritto, se ne comprende bene il significato, a partire dalla sua etimologia: “Soffrire assieme”.

Cesare ti ha permesso di entrare nel suo mondo perché ha sentito che anche tu avevi sofferto e potevi così comprendere quello che lui provava.

E poi ti ha “fatto soffrire”, mettendoti alla prova, testando la tua capacità di tollerare anche le sue sofferenze.

Solo dopo averlo fatto ha potuto fidarsi e, quindi, affidarsi.

La seconda è stata la tua “NON PAURA”.

Bada bene: non è il coraggio.

Ѐ il fatto di non esserti fatto spaventare dai mostri che popolavano il mondo di Cesare, di averli saputi affrontare accanto a lui, dimostrandogli che potevano, se non essere sconfitti definitivamente, almeno essere neutralizzati.

Perché lo hai potuto fare?

Un po’ per la tua incoscienza dettata dall’inesperienza professionale, ma soprattutto perché hai saputo guardarti dentro, scoprire che anche tu avevi dei mostri e li avevi neutralizzati…

In definitiva, quindi, è stata la tua grande onestà emotiva e intellettuale a permetterti di ottenere i risultati che, assieme a Cesare, hai conseguito.

Sono contento di avere lavorato con te, di aver potuto rileggere la storia e di scrivere queste cose.

Continua a essere te stesso, ad avere la stessa onestà e a combattere i mostri che popolano il nostro mondo.

Il carissimo Roberto.

Dott. Roberto Soriani - Psichiatra

Salute mentale – ASL3 Liguria




La vera storia della costruzione di una relazione d'aiuto, ritenuta impossibile da realizzare, tra un bambino autistico e un educatore alla sua prima esperienza di "assistenza domiciliare". La scoperta che la disabilità è una realtà, oltre che soggettiva, soprattutto di sistema. Una famiglia angosciata dal "dopo di noi" e la difficoltà da parte di chi si chiede come dare aiuto, di scegliere le parole e lo stile relazionale per dare un tangibile e onesto contributo nel rispetto degli equilibri creati nel tempo all'interno del "sistema famiglia". La ricerca di sentire assieme la "musicalità del silenzio", il tentativo di capire, imparare, vivere il mondo di un bellissimo bambino che all'interno dello "spettro autistico" esprime una vitalità da accogliere, a cui dare attenzione e ascolto. In questo diario si potrà vivere assieme all'educatore che ricorda i quindici anni di affidamento educativo, i reciproci cambiamenti e la crescita dei protagonisti di una storia che era stata presentata come impossibile da vivere e costruire.


Un muro bianco, di fronte a me un bambino bellissimo con un bacchetta da direttore d'orchestra in mano, perso nel silenzio, in una melodia che solo lui percepiva.

Ai piedi del suo letto, di fronte a me le sue gesta per incoraggiare chi non seguiva la sua direzione, e sgridare chi stonava e non lo capiva, l'aria era offesa dalle sue sferzate per rendere la sinfonia sempre più coinvolgente.

Un'esperienza rara come una ferita, stavo iniziando a percepire la musicalità di quel silenzio, fecondato dalla sua disperata voglia di essere un unica cosa con quello spazio e quel tempo.

Questo bambino bellissimo...

Impegnarsi, perdersi nella musicalità del silenzio falciato dalle sue stilettate, i suoi movimenti nell’aria dolci e, improvvisamente, violenti. La sua “bacchetta magica”.

Non stavo male.

Non subivo il dramma dell’incapacità di vivere “normalmente”. Accettavo con amore l’'essere' di Cesare. Mi sentivo naturalmente vicino a lui.

Quelle ore le vivevo totalmente.

Mi sentivo fortunato: guardavo lui, vedevo me. Anche a me non era mai importato altro.

Ognuno il suo mondo.

Ma il problema era proprio come stare al mondo, visto che ci era stato insegnato un unico modo: la sopravvivenza con tutto ciò che ci sta intorno.

E il resto?

Eravamo noi.









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