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sabato 25 novembre 2023

EDUCAZIONE AFFETTIVA, EMOTIVA E RELAZIONALE. TRE LIBRI.

 





I fatti di cronaca, i sempre più numerosi femminicidi, gli insegnanti aggrediti da genitori, i casi di cyber bullismo che, purtroppo, possono portare la vittima al suicidio, pongono diversi, pressanti, e urgenti, interrogativi sulla deriva relazionale che la "realtà digitale" ha portato a vivere quotidianamente.
Uno tsunami digitale ha travolto tutto e tutti. In meno di un decennio, dal 2012 in poi, dall'esplosione dell'uso dello smartphone e dei social, la perenne connessione ha provocato una desertificazione impensabile ai più, dal punto di vista relazionale, culturale e emotivo.
Che fare dunque? Come recuperare quel mondo ormai dimenticato, in cui le uniche piattaforme social erano l'Altro e la Realtà?
Insegnanti, genitori, adolescenti, si stanno sempre più chiedendo il perchè di una solitudine insopportabile mascherata da uno schermo che fa sentire onnipotenti, in cui domina esibizionismo e voyerismo effimero che lascia tutti noi soli e incollati a un device.
Da più parti arrivano richieste di una introduzione a scuola, in famiglia, tra gli amici, di una rieducazione all'affettività, che comprende ogni declinazione di questa parola così complessa.
In gioco, infatti, ci sono le capacità relazionali e di riflessione e gestione di una vita emotiva che vanno costruite e maturate nel tempo in "relazione", appunto, con un Altro significante che pare anch'esso "sparito" dietro lo schermo di un device.
In questo articolo vengono proposti tre testi, ognuno dei quali mette l'accento e propone argomentazioni relative alla possibilità di riprendere in mano la propria vita relazionale dal punto di vista dell'espressione di se stessi e del rapporto con l'Altro e la Realtà nella cosidetta "Relazione da Tripla AAA" in cui le tre A rappresentano tre cardini di una mappa relazionale senza i quali sempre più spesso si vaga senza metà in questo mondo perennemente "connesso" ma fondamentalmente assente dal punto di vista umano.

Questi tre testi se letti assieme in classe, in famiglia, tra amici, potrebbero essere un ottimo viatico all'attivazione di un dialogo importante per tornare a vivere con gioia e reciprocità la dimensione del "NOI".












domenica 8 ottobre 2023

UNA PROVOCATORIA LIBERTÀ IN CERCA DI SCRITTURA. LA FELICITA' DI VIVERE LA COMPLESSITA'

 



LA FELICITA' DI VIVERE LA COMPLESSITA'


IN CERCA DI SCRITTURA

(UNA PROVOCATORIA LIBERTÀ)

 

«Non capisco tutto e mi rallegro
persino che il mondo come un oceano
inquieto superi la mia capacità
di comprendere il senso dell’acqua, della pioggia,
 dei bagni nello Stagno del Fornaio […]»
Ode alla molteplicità, A. Zagajewski
 
La scrittrice austriaca Ingerborg Bachmann in alcune interviste rilasciate fra gli anni ’50 e ’70 ci ha lasciato alcune importanti considerazioni circa il compito poetico del pensiero. Un compito che dovrebbe portare nelle esperienze di dolore degli altri perché «il pericoloso sviluppo di questo mondo moderno glielo sottrae» (Bachmann, In cerca di frasi vere, Bari, Laterza, 1989, p.7). Si tratta non solo di un’intenzione autobiografica o intimista di dialogo interiore, ma ci permette di portare attenzione ad una possibile necessità etica, e se vogliamo politica, di una scrittura del “ricordo”. Lo sforzo è dunque quello di appellarsi, attraverso l’esistenza del linguaggio, alla “conoscenza” di quello spazio in cui non si ha solo una vicinanza empatica o d’immedesimazione con il proprio vissuto, ma si raccoglie una rilevanza collettiva della memoria.
La storia dell’altro, oppure propria, diviene così ricordata e non rimossa. Riportata a quel dialogo “comune” che riarticola il senso delle cose, ne fa scaturire margini oscuri, ne assopisce o risveglia alcune luminosità e presuppone la presenza dell’altro o dell’altra, per essere ascoltata, compresa, trasformata. Dopotutto per scrivere ci si ferma a pensare, si scopre la fatica di trovare alcune parole che “sappiano dire” palesando così continuamente la paradossalità “dell’impossibilità di dire”, un gioco straordinario che ci mette nella disposizione a riconoscere che non siamo soli a parlare con noi stessi ma già plurali e insieme ad altri.
Non cloni ma meticci. Quell’origine, quel germoglio che non si riproduce per spezzamento e innesto ma diviene per fortuna nascita, molteplicità di nascite che, come diceva Arendt, è condizione dell’umanità: essere nati per cominciare. Quando si va in cerca di scrittura forse si ricerca proprio questa generatività.
Una provocatoria libertà simile a quella di essere nascenti, non solo frammenti di un mondo capitati qui per caso, ma tessuti intrecciati che disperdono autorità, poteri, ruoli e identità.
La scrittura, così, ci concede quella libertà di fare esperienza di quell’insieme di eventi attraverso il pensare e, anche se già pensati, diventando così, felicemente, un qualcosa di più, di ulteriore, in cui siamo anche di più di quello che abbiamo detto o stiamo per dire.
Sperimentiamo così la posizione, lo sguardo e il punto di vista di chi «stava riuscendo a capire le parole, tutto quello che contenevano. Ma, nonostante tutto, aveva la sensazione che possedessero una porta falsa, nascosta attraverso cui sarebbe trovato il loro vero significato» (C. Lispector, Vicino al cuore selvaggio, Adelphi Milano, 2003, p. 54). Un rischio, come quello di essere liberi ripercorrendo e trovando legami, un’esposizione che richiede la nostra attenzione a trovare temporaneamente una forma.
Non si può certo sottovalutare che la scrittura resti, sia lì, presente, nero su bianco, irrimediabilmente definita. Questa presunta fermezza è tuttavia un margine, una soglia, un confine che di qua ha la mano della scrittrice o dello scrittore e di là lo sguardo della lettrice o del lettore. Grazie a questi personaggi quel confine diviene labile, lì in quel punto nasceste, grazie alla magia di saper concatenare lettere e di vedere questo concatenamento, diviene la possibile ri-articolazione di mondi.
Il lettore o la lettrice vedrà una forma scritta che potrà deformare e portare nel mondo con un giudizio, un punto di vista, un sentimento che la farà essere ancora. In questo senso, quella forma che tanto si va cercando è fragile, effimera, temporanea, anche se scritta.

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La scrittura è un lungo discorso di cui, diceva W. Szymborska: «la prima frase è sempre la più difficile» e nasce, a mio avviso, da un qualcosa che “non so”, da una continuazione di domande, di imprecisioni e inciampi che temo, oggi, la contemporaneità voglia racchiudere in margini di sicurezza, domicilio e perfezione. La scrittura non sta al passo coi tempi, rallenta, aumenta, disloca asettiche verità, s’infila negli interstizi della realtà provando a confonderla per comprenderla. Quando questo accade è un improvviso momento, un momento di cui non si conosce mai l’inizio preciso ma che necessita di spazio per far sì che esso possa cominciare.
C’è qualcosa in cui credere e da perdonare nella scrittura è «la fede nelle forze segrete che sonnecchiano in ogni cosa e la convinzione che con l’aiuto di parole opportunamente scelte riuscirà a risvegliarle: il poeta (o la scrittrice aggiungo io) può anche aver conseguito in modo trionfale sette lauree, ma nel momento in cui si mette a scrivere l’uniforme del razionalismo comincia a stargli stretta. Ecco che allora si agita sbuffa, slaccia un bottone dopo l’altro, finché non salta fuori dal suo vestitino […]» (A. Bokont, J.Szczesna, Cianfrusaglie dal passato, Adelphi, Milano, 2015, p.172).



Paradossale, inoltre, che chi scrive quanto appena detto vada poi in cerca di dialogo, di pensiero non scritto, attraverso una pratica di filosofia insieme all’infanzia e ad altri mondi nell’idea che questo possa permettere un proposito, quello della pluralità, l’insieme, che anche qui «concede il cominciamento, ciò che permette l’interruzione dell’ordinarietà, la sospensione della metodicità, l’emergere di sensibilità rivoluzionarie»
(a cura di S. Bevilacqua, P. Casarin, Philosophy for children in gioco. Esperienze di Filosofia a scuola: le bambine e i bambini (ci) pensano, Mimesis, Udine/Milano, 2016, p.61).



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lunedì 2 ottobre 2023

La realtà. Piattaforma social senza più follower.

 


IL FRASTUONO DEL MONDO COS'È,

CANTAVA PAOLO CONTE.

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Stiamo vivendo un momento storico in cui non si sente più "il frastuono del mondo". Il silenzio è sempre più assordante, sui treni, in pizzeria, persone perse nello schermo di un device.

 

Mio figlio nella primavera del 2013 mi chiese "papà mi connetti?" e non mi resi conto che tutto stava cambiando, l'altro iniziava a sparire, uno tsunami digitale stava per travolgere tutto e tutti.




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Per la prima volta nella storia, una rivoluzione tecnologica in meno di dieci anni ha ribaltato la quotidianità di ognuno di noi, eliminando l'unica piattaforma social con la quale noi, ultima generazione nata e cresciuta, per la maggior parte della nostra vita, off line, senza rete, abbiamo avuto a che fare : la realtà.

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La desertificazione culturale, lessicale, emotiva, che la perenne connessione produce, è un vero e proprio progetto strumentale alla riduzione dell'utente ad una mera protesi del device, in funzione di una vita fatta di una serie di "touch" indotti, finalizzati all'ordinazione di merci (il magazzino ha ormai sostituito il palmo della nostra mano) , pagamento di ricariche, per giochi, servizi, svuotando ogni "azione umana" di ogni contenuto relazionale, affettivo, reale.

 

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Libri e EBooks da una realtà dimenticata. Quella del "NOI", degli abbracci, delle passeggiate mano nella mano, gli occhi negli occhi dell'Altro. 


Questo il futuro delle nuove generazioni.

Cosa possiamo fare noi ultima generazione nata, cresciuta, vissuta off line, nella realtà, con l'immagine di noi stessi riflessa nel volto dell'Altro?

Parliamone.....

Like addiction, challenge, nomofobia e vamping: sono le nuove patologie da iperconessione, rilevate da uno studio curato dall'Osservatorio nazionale adolescenza e condotto su 8.000 ragazzi a partire dagli 11 anni d'età. Dall'indagine, messa a punto anche in occasione del Safer Internet Day, emerge che il 98% tra i 14 e i 19 anni possiede uno smartphone personale già a 10 anni. Più i ragazzi sono piccoli, più hanno avuto precocemente tra le mani i vari strumenti tecnologici, sottolinea l'Osservatorio: il dato rilevante è che oltre 3 adolescenti su 10 hanno avuto modo di utilizzare uno smartphone direttamente nella primissima infanzia, con la possibilità anche di accedere liberamente a internet e alle applicazioni presenti nel telefono.

Tra i più giovani, l'età media dell’uso del primo cellulare, l’accesso a internet e l’apertura del primo profilo social si aggira intorno ai 9 anni. Circa 5 adolescenti su 10 dichiarano di trascorrere da 3 a 6 ore extrascolastiche con lo smartphone in mano, il 16% da 7 a 10 ore, mentre il 10% supera abbondantemente la soglia delle 10 ore. Il 95% degli adolescenti ha almeno un profilo sui social network, contro il 77% dei preadolescenti. Il primo è stato aperto intorno ai 12 anni e la maggior parte di loro arriva a gestire in parallelo 5-6 profili, insieme a 2-3 app di messaggistica istantanea.

 

Il fatto di avere una serie di applicazioni social sconosciute ai genitori - sottolinea l'Osservatorio - permette loro di essere meno controllati e più sicuri di poter anche osare, favorendo comportamenti come il sexting, cyberbullismo e diffusione di materiale privato in rete. Uno dei dati più allarmanti - evidenzia il report - è che il 14% degli adolescenti ha anche un profilo finto, che nessuno conosce o solo pochi, risultando quindi non controllabile dai genitori e nel contempo facile preda della rete del grooming (adescamento di minori online).

 

Sei adolescenti su dieci dichiarano di non poter più fare a meno di WhatsApp: il 99% lo utilizza ogni giorno, il 93% si scambia i compiti attraverso il gruppo-classe e il 70% chatta in maniera compulsiva. Per quanto riguarda i preadolescenti, invece, il 96% utilizza WhatsApp.

 

Quali sono gli effetti di questo essere sempre connessi? Il 'vamping', ossia la moda degli adolescenti di trascorrere numerose ore notturne sui social media, sembra diventata una vera e propria abitudine - denuncia l'Osservatorio - tanto che 6 su 10 dichiarano di rimanere spesso svegli fino all’alba a chattare, parlare e giocare, rispetto ai 4 su 10 nella fascia dei preadolescenti. La tendenza, invece che accomuna tutti i ragazzi è di tenere a portata di mano il telefono quasi tutto il giorno, notte compresa, fino al 15% che si sveglia quasi tutte le notti per leggere le notifiche e i messaggi, in modo da non essere tagliati fuori, altra patologia emergente legata all’abuso dello smartphone (Fomo - fear of missing out).

 

Gli adolescenti - allerta l'Osservatorio - sono alla continua ricerca di approvazione, che si raggiunge attraverso like e follower: per circa 5 su 10 è normale condividere tutto quello che si fa, comprese foto personali e private, mettendo tutto in vetrina, sottoponendolo alla severa valutazione della macchina dei 'mi piace'. Per oltre 3 adolescenti su 10 è importante il numero dei like ricevuti, che accrescono l’autostima, la popolarità e quindi la sicurezza personale. Ovviamente, vale anche il contrario,tanto che il 34% ci rimane molto male e si arrabbia quando non si sente apprezzato.

 

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venerdì 29 settembre 2023

IL PANICO PUO' ESSERE NOSTRO ALLEATO?

 


Come vivere consapevolmente, storicizzare e neutralizzare, i prodromi del panico?

Il panico può essere nostro alleato,

il corpo chiede di fermarsi per trovare 

"le parole per viverlo".


L'amor proprio e come mi ha salvato la vita.
Ci sono in noi esperienze passate che se non recuperate vanno in automatico ad alimentare tutto ciò da cui siamo scappati. Può rappresentare la sfida di una vita l'affrontare coraggiosamente quell'altrove che tutto vorremmo piuttosto che incontrare e rivivere. Paradossalmente più rimandiamo questo appuntamento più il nostro corpo ci chiederà, nelle forme più diverse e deflagranti, di riprendere a ritroso il cammino.
Siamo fuggiti da quella casa, quelle case, anche se i loro protagonisti continuano a dominare su noi stessi.
Si può tornare, entrare, mettersi in contatto, coraggiosamente trovare le parole per tradurre un'antica male dizione per riprendere, stavolta e per sempre, il cammino, nel sentiero della bene dizione.
„Gli dei di una volta, perso l'incanto e assunte le sembianze di potenze impersonali, escono dai loro sepolcri, aspirano a dominare sulla nostra vita e riprendono la loro lotta eterna.“ — Max Weber4


Traumi; ferite emotive; una grande sofferenza interiore che affonda le radici nell’infanzia e, paradossalmente, ha origine proprio dalla famiglia, da quel nucleo che, dalla nascita, avrebbe dovuto costituire il nostro nido, un riparo accogliente e amorevole in cui sentirci al sicuro, protetti, amati, coccolati.
A volte, purtroppo, questo non accade ma, al contrario, è proprio la famiglia di origine a costituire la fonte di ogni nostro problema.  La casa si trasforma in una prigione, in un infermo dantesco da cui non sarà possibile fuggire per molti anni e cioè fino a quando l’età e le circostanze non ci permetteranno di prendere il volo e andarce alla ricerca di un luogo se non più sicuro, quantomeno più sereno.
Dalla prigione fisica, quindi, spesso riusciamo a uscire, in un modo o nell’altro, non fosse altro che per quell’innato e, a volte sottostimato, spirito di sopravvivenza.  Da quella emotiva e mentale che la realtà vissuta ha creato, forgiato ed in cui noi stessi siamo sprofondati può essere molto più difficile evadere e richiedere tempi più lunghi. 
A causa delle circostanze vissute, abbiamo, infatti, finito con il credere che altro la Vita non ci avrebbe riservato; che forse tanto dolore e tanta sofferenza ce li siamo addirittura meritati; e che l’inferno è sempre meglio del nulla.
Le circostanze oggettive, rafforzate dalla nostra personale percezione degli eventi, dalla nostra estrema sensibilità e altrettanto profonda emotività hanno continuato a tenerci a lungo incatenati in uno stato di totale negatività, un tunnel buio in cui la luce sembrava non entrare mai.
Il tempo passa, noi cresciamo, maturiamo, abbiamo relazioni spesso altrettanto fallimentari di quelle che i membri della nostra famiglia hanno avuto. 
La sensibilità e l’emotività crescendo non diminuiscono ma, al contrario, si rafforzano.  Ad esse si aggiunge una nostra maggiore capacità analitica degli eventi traumatici di cui siamo stati testimoni quando non vittime.  La conclusione cui potremmo approdare è che la Vita sembra portare solo problemi e mai soluzioni né tantomeno risposte alle nostre domande.
Corpo, Mente, Psiche e Spirito sono in continuo stato di allerta, di trambusto... fino a quando non reggono più e, a modo loro, chiedono disperatamente aiuto: ci ritroviamo improvvisamente preda di attacchi di panico

 
Andiamo in ipoventilazione, ci manca il respiro, perdiamo i sensi o comunque il controllo del nostro corpo.  Crolliamo al suolo sotto gli occhi preoccupati di qualche Buon Samaritano di passaggio che ci soccorre e chiama un’ambulanza.  La macchina – te stesso – l’hai guidata sempre al massimo della velocità cui poteva andare e il motore alla fine ha ceduto: la macchina si è fermata.
Esiste una soluzione, una via d’uscita a tutto questo?  Assolutamente sì!
Il percorso psicoterapeutico sicuramente sarà d’aiuto e in molti casi persino necessario. Noi, però, dobbiamo fare la nostra parte.  Da ‘testimoni oculari’ dobbiamo trasformarci in ‘creatori’ della nostra Vita.
Le ferite emotive restano, così come rimarrebbero le cicatrici fisiche se le avessimo.  Dei traumi vissuti rimarrà sicuramente il ricordo.
L’importante è prendere in mano le redini della propria vita.  Come?
Innanzitutto confrontandoci con la realtà vissuta, metabolizzandola, per quanto penosa.
Forse in passato e per molto tempo questo passo non è stato fatto perché non eravamo pronti a confrontarci di nuovo con tanto dolore, a guardarlo in faccia e a riviverlo.
La vera guarigione, tuttavia, può realizzarsi solo attraverso il confronto con e l’accettazione consapevole della realtà per quanto dolorosa essa sia.
Accettare ciò che è stato, per quello che è stato, è fondamentale. 
Chi ci ha provocato tanta sofferenza era malato/a, non in grado di controllare la propria vita né fare scelte diverse.  Se ne avesse avuto la capacità, le avrebbe fatte.
Accettare la realtà per quella che è stata non significa assolutamente giustificare, ma semplicemente riconoscere che le cose sono andate in un certo modo e che non è possibile cambiare il passato, riavvolgere la bobina e crearne uno nuovo, diverso, migliore.
È possibile, tuttavia, creare un presente e un futuro diversi, rifiutando di continuare a essere delle vittime
Dobbiamo, quindi, non solo confrontarci con la realtà e accettare ciò che è stato, ma avere la determinazine, la forza, il coraggio di dare un taglio al passato e riemergere dalle ceneri, creando un presente e un futuro non di pura sopravvivenza, ma vivendo la Vita nella maniera più piena possibile, focalizzandoci sulle sue bellezze, su ciò che ci dà gioia, serenità, che ci arricchisce spiritualmente, che  riempie il nostro cuore, la nostra mente e il nostro spirito di positività, di luce.
La scrittura emotiva, utilizzata quindi a scopo terapeutico, diventa uno strumento estremamente valido per liberarsi del passato.
 
Il processo di disintossicazione è in atto: non ci fermeremo fino a quando l’ultima tossina non sarà stata eliminata e il nostro corpo, la nostra mente, il nostro spirito e la nostra psiche non avranno raggiunto una salute ottimale, quella tanto agognata e mai assaporata né vissuta completamente.
 
 
Maria Teresa De Donato,
Autrice, Giornalista freelance, Dottoressa in Salute Olistica
 



LO STORYTELLING EMOZIONALE. Parole e emozioni. Un percorso da vivere assieme in un libro che ne delinea la partenza, lo sviluppo, la realizzazione.




Una guida, un manuale da tenere con sè, un dizionario delle emozioni.

Definitivo.

Per tradurre il vissuto, le immagini, il prodotto chimico- emotivo, in noi. Per comporre il testo da restituire sulla pagina, narrare quell'alveo, l'esperito, che viviamo ma non riusciamo ad esprimere, ripercorrere.

Per colmare la distanza tra la vita e il vivere. Due realtà apparentemente inconciliabili. In Emozioni e Parole troverai un percorso da fare assieme, passo dopo passo, per sentire e capire, leggere e scrivere, in un dialogo sempre attivo tra l'esperienza, in questo caso la lettura del testo e ciò che viene richiamato dalle profondità del nostro essere. Per aprire quello scrigno dimenticato, ma in noi, nel quale sono state salvate le pietre preziose che, tradotte in parole, permetteranno di creare l'autenticità della narrativa. Per sciogliere una male-dizione in una bene-dizione. Leggere rende liberi, scrivere felici. Quando avrai finito di vivere questo percorso di creazione della "scrittura emotiva" avrai capito il perchè.



La scrittura emotiva

 

Scrivere rende felici



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Il mio scrivere
 
Il vostro leggere
 
Percorsi assieme
 
 
 
A me stesso, Matteo e chi viaggia assieme a noi.
 
 
Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perché.
I loro desideri hanno le forme delle nuvole.
 
Charles Baudelaire
 
 
 
 
L’aspetto delle cose varia secondo le emozioni;
e così noi vediamo magia e bellezza in loro ,
ma, in realtà, magia e bellezza sono in noi.
 
Kahil  Gibran
 
 
Premesse introduttive
 
Il mio scrivere è un percorso lungo nel quale il momento in cui mi metto alla tastiera non è che la penultima tappa prima dell'arrivo a fine corsa..
La partenza: l’esperito quotidiano.
Il passo successivo: la messa a fuoco di un senso in ciò che sto vivendo, ho vissuto, vorrei vivere.
Viene a configurarsi in me la necessità di esprimere un concetto.
Dare un nome e articolare un discorso sulla sensazione che poco prima ha dato una scossa ai miei pensieri sino ad allora tranquillamente messi in stand-by dalla tranquilla routine quotidiana e che la realtà mi propone e della quale non posso più rimandarne la comprensione.
Il concetto va a collegarsi con ricordi, vissuti, racconti, eventi, in automatico.
La memoria a questo punto elicita emozioni.
Sentimenti che sono propri dell'immaginario che il vissuto di partenza ha messo in luce.
E’ un movimento eminentemente interiore.
L’inizio e la fine di tutto in un unico momento, la terra di mezzo sarà da scoprire, il senso che noi diamo al nostro essere in gioco, un misto da scomporre e mettere in forma discorsiva, per realizzare scenari sempre più vivibili per il nostro procedere.
 
 
 
 “ Tu lo sai cosa sono i fasiani?
No. Cosa sono?
 
Uccelli. Uccelli che provano tutte le emozioni in un solo istante. Quando cantano esprimono amore e rabbia e paura e gioia e tristezza tutto insieme, mescolato in un unico suono magnifico! Quando gli capita di incontrare l’amore della loro vita sono al tempo stesso felici e tristi. Felici perché capiscono di essere di fronte all’inizio, ma tristi perché in fondo sanno che è già finita.”
 
Astrid Bergès-Frisbey
Micheal Pitt – Ian
 
Progetto che esprime la volontà di restituire storie di vita paradigmatiche in forma semplice, all'interno di un racconto interessante, che le rappresenti nel migliore e più ampio dei modi.
Un percorso proprio dell’esperienza quotidiana, un “qui e ora” che va a collegarsi con il “la e allora” che “salvo” e mi propongo di tradurre, riproporre e restituire.
Pressante in me la necessità di esprimere pienamente tutto ciò.
Inserisco la variabile del tempo, mi concedo momenti di “riflessioni”, apro in me finestre che salvano e lasciano in quiescenza il concetto che ho intravisto e che l’esperienza mi ha messo di fronte, poi entrato in me, vagando nel mio mondo interiore.
Un lento “decantare” in attesa di “vedere” le parti ben rappresentate e sempre più “chiare”.
 
La sensibilità è una condanna ma ti consente di cogliere migliaia di  colori in un viaggio in bianco e nero.
Michelangelo Da Pisa
 
Esperienza
Tutti i luoghi che ho visto,
che ho visitato,
ora so – ne sono certo:
non ci sono mai stato.
Giorgio Caproni
 
A questo punto nasce una necessità “fisiologica” di restituire, “scaricare”, in forma di parole questo vero e proprio “prodotto” che è un misto d’intellettualità, emotività razionalità, e può essere rappresentato in forma di parole, racconto, narrazione.
Mi metto allora a scrivere senza pensare inizialmente alla corretta espressione, ma ascoltando, accogliendo, accettando questo “prodotto” emozionale fatto di un concetto di partenza sottostante a tutto, ricordi, emozioni e sentimenti che danno “vitalità” al vissuto che tutto ciò ha elicitato.
 
…perch’io, che nella notte abito solo, anch’io, di notte, strusciando un cerino sul muro, accendo cauto una candela bianca nella mia mente – apro una vela timida nella tenebra, e il pennino strusciando che mi scricchiola, anch’io scrivo e riscrivo in silenzio e a lungo il pianto che mi bagna la mente….
Giorgio Caproni
Non siamo che alla metà del percorso che dovrà portarmi alla stesura finale del testo “pubblicabile”.
Collegata a questo metodo che io definisco “scrittura emotiva”, è la tecnica “citazionistica” che entrerà in aiuto nella fase di “revisione” del testo, fondamentale per definire il mio rapporto con i lettori.
Metto in campo i miei “amici elettivi”, autori che ho chiamato in soccorso nella solitudine della mia crescita, pomeriggi sconfinati in una casa di soli libri, sogno ancora in atto che non ho nessuna intenzione di interrompere..
Questo il percorso che mi porta alla tastiera.
.......





mercoledì 27 settembre 2023

IL MIO ESORDIO NARRATIVO. Uno "scrittore per caso" & Meglio che niente Network. Caratterizzarsi e distinguersi dal resto.

 



IL MIO ESORDIO NARRATIVO RACCONTATO SU MEGLIO CHE NIENTE NETWORK

CLICCA IL PULSANTE PER ANDARE SU RADIO MEGLIO CHE NIENTE



Inizia da questo primo articolo la collaborazione con RadioMeglio di Niente.

Mi pare una buona occasione per iniziare da una presentazione dell’inizio del percorso che mi ha portato ad entrare in contatto con questa realtà che come motto ha “il sito che ti da un’opportunità”.



La scommessa del gruppo di questo network, come indicato sulla loro pagina di presentazione, è "caratterizzarsi e distinguersi dal resto".

Non tutti i giorni si sentono queste parole.

Anzi a leggerle quasi non ci credevo di tanta bellezza nella disponibilità a creare reciprocità e collaborazioni.

Ho così cliccato su CONTATTI e compilato i campi richiesti per restituire il mio entusiasmo alla proposta e opportunità.

Per cui dopo alcuni messaggi di prima conoscenza eccomi qui a raccontarvi la mia storia di “scrittore per caso”.

Iniziata con l’acquisto di un computer portatile in offerta speciale nel lontano inverno del 2012.

Tutto iniziò così…

…….

“Gian ho comprato un portatile, faccio venire giù tutto”.

Così annunciai la mia volontà di mettere in forma di racconto le mie vicende personali.

Non solo per raccontarle, ma anche per farne una strada da seguire, esperienze da proporre, da condividere, da rivivere assieme, ognuno nel suo mondo, nei suoi ricordi, sul proprio tono emotivo.

Mi misi a scrivere…

Tre pagine sui “piccoli inconsapevoli eroi del baseball”, le inviai a varie case editrici che si occupavano di sport, cultura sportiva, educazione allo sport.

Mi chiamò Fabio Mancini della G.Danna di Firenze, sito Edusport.it.

“Tommasini ci è piaciuto molto il suo modo di romanzare la realtà, ci può mandare tutto il racconto vorremmo pubblicarlo sul nostro sito come articolo del mese e avremmo intenzione di fare un Dvd sull’insegnamento del baseball nell’ora di educazione fisica nelle scuole superiori.”

Cosa avevo scritto?

Vado a rivedere la mail, “vi invio le prime tre pagine del mio racconto Piccoli inconsapevoli eroi del baseball, una quindicina di adolescenti che nel 1976 appena festeggiata la propria età entrata in doppia cifra, vengono introdotti all’arte del baseball e niente fu più come prima”.

Dimenticai di scrivere che le pagine erano sì le prime ma anche le uniche…

Il racconto era ancora tutto da scrivere..


 

 

Ma per  il sito edusport.it era richiesto tutto il racconto.

Mi ritrovai nella stessa condizione nella quale proprio negli anni narrati dovevo fare i compiti per le vacanze.

Mi misi così al lavoro.

Lo pubblicarono sul sito come articolo del mese di luglio, il primo agosto fu segnalato dalla FIBS – Federazione Italiana Baseball e Softball sul sito ufficiale federale.

Iniziarono a contattarmi vari siti, redazioni online, soprattutto baseballmania, come folgorati dal racconto.

Qualcosa rapisce, le parole vanno in profondità, chi le legge non le dimentica, anzi è come se le riscrivesse in relazione al proprio vissuto e stato emotivo”.

Mi chiamç Giovanni Colantuono da Nettuno, redattore del sito online Baseballmania.

Tommasini sei il primo che racconta il baseball così, c’è tutto nel tuo racconto, non solo il battiecorri, ci siamo tutti noi, le nostre passioni, il modo di vivere la vita e lo sport, posso pubblicarlo, parlami di te, voglio sapere di più, ti faccio un articolo di presentazione, scrivine altri, facciamo una rubrica dedicata ai racconti di Giovanni Tommasini sul baseball, sui Piccoli inconsapevoli del Tomato baseball club.”

Pochi giorni dopo il mio esordio come scrittore, per la prima volta fui definito tale.

Che sta succedendo e come mai il mio modo di narrare le mie vicende personali riproposte in una narrazione talmente intima da elicitare reazioni nel lettore anch’esse profondamente personale, che sono nella lettura tradotte in un linguaggio universale, per cui chi legge si rivede, rivive parti di se e del proprio esperito?


 

Arrivarono i primi commenti dai lettori.

 

Saranno dello stesso tenore dei commenti della mia prima correttrice di bozze, una volta raccolti tutti i racconti che in tre mesi furono da me scritti quasi compulsivamente e che, a poche settimane dalla pubblicazione sui siti che li richiesero, andranno a dare vita al mio primo libro.

Noto un comune denominatore.

Le mie parole emozionano, la mia descrizione delle realtà restituite toccano il lato emotivo, “il testo possiede la qualità propria delle opere d’arte, emoziona” così viene commentato il mio testo durante l’editing.

Si usano gli specchi per guardarsi il viso, e si usa l’arte per guardarsi l’anima.

George Bernard Shaw

Inizio a chiedermi come mai questo “effetto” come penso il mio scrivere?

Perché ho iniziato a scrivere, da dove è partita la spinta, la necessità di esprimere un mio vissuto, quale esigenza ha mosso la mia volontà, mi ha portato sulla tastiera febbrilmente, come se non ci fosse altra cosa da fare.

Se il mondo fosse chiaro, l’arte non esisterebbe.

Albert Camus

Ne L’ARTE DEL BASEBALL la proposta, l’esigenza, la restituzione di partenza era:

Il racconto dell’esperienza di una quindicina di bambini che partendo dai sotterranei di un parcheggio nel centro della spettacolare Sanremo, in “balia” di due personalità appassionate, visionarie, vivranno un’esperienza “adulta” in un’età ancora tenera.

La necessità di sottolineare la bellezza e profondità di un’avventura che li cambierà per sempre e insegnerà il piacere di fare bene una cosa, con passione, curiosità, senza pensare ai risultati, ma solo per poter esprimere pienamente se stessi, conoscersi meglio, crescere assieme.

L’articolazione del concetto più ampio del crescere avendo la fortuna di essere coinvolti un’avventura sproporzionata alla propria età, e il grande valore della passione, curiosità, amicizia, sana follia che porterà questi bambini a vivere un’esperienza che darà loro una formazione e impronta indelebile per tutta la loro vita.

Il ricordo dei quegli anni, luoghi, sentimenti provati, contesti, umanità, vissuti saranno i sotto concetti che hanno permesso l’articolazione e la restituzione delle storie narrate nei racconti che formano L’ARTE DEL BASEBALL.

Tra i racconti uno in particolare mi ha coinvolto totalmente ed è stato scritto coinvolgendo unicamente il mio essere emotivo.

Era già da qualche tempo che in me ridondava il concetto della “dipendenza”, il ricordo di un nostro compagno di squadra che si “bucava”, il nostro vivere questo dramma, non sapendo che fare, nascondendo la nostra sofferenza e amore nei confronti di un nostro compagno di squadra da tutti amato.

Legato al concetto di dipendenza quello della nostra impotenza, quello del nostro essere troppo piccoli di fronte ad un tema così grande, le nostre emozioni che non riuscivamo ad esprimere, dominare, vivere.

Che esplodevano nei nostri peggiori incubi, fantasie, sofferenze soffocate.

Era tutto un misto di questi “temi” e non riuscivo a capire come fare a de-scrivere, restituire tutta quest’umanità, così intensamente sentita da tutti in profondità inaccessibili.

Ero in coda al supermercato e come un lampo che squarcia il cielo e le nuvole mi si presentò il racconto. Tutti i concetti sino allora cresciuti creando solo ordigni inesplosi in me.

Fu sconvolgente e in me iniziò a piovere, tuonare, grandinare.

Arrivato in tutta fretta a casa mi misi alla tastiera piangendo e in venti minuti come travolto da una vera e propria “tempesta” scrissi il racconto….

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Ormai in gioco.

 

Mi chiedo, che fare?

Godermi questo primo inaspettato, mai progettato, impensabile sino a pochi mesi prima, libro o provare a scrivere altro, e cosa?

E come?

Tutti mi chiedono una cosa. Scrivi Cesare.

La tua storia con il bambino autistico che hai vissuto per quindici anni.

Decido di andare avanti .Rimanere in gioco.

Nasce il progetto di restituire la mia prima esperienza da educatore domiciliare.

Inizio a pormi delle domande e intravvedere il percorso già inconsapevolmente fatto nello scrivere i racconti de L’ARTE DEL BASEBALL.

La prima risposta da dare.

Nel futuro secondo libro,  SONO CESARE ….TUTTO BENE,  quale il “vissuto” da restituire?

Ripensando alla fortuna di aver vissuto il rapporto con Cesare, bambino affetto da una grave forma di autismo, nasce in me l’impellente e improrogabile necessità di rappresentare concetti molto radicati da questa esperienza estrema, ben radicati in me, ma da portare alla luce della consapevolezza.

Il primo passo diverso da quello delle prime tre pagine…

Ora inizio a progettare il percorso, sta nascendo un metodo, mettere in chiaro le basi di partenza, le radici del racconto, molto  prima di mettermi in contatto con tutto il resto, che ancora non è chiaro in me, ma in questa occasione inizio a “vedere” nella lenta costruzione del libro.

In quest’occasione non vi è più l’occasionalità, ma un vero e proprio “pensiero costruttivo”.

Una consapevolezza.

Essendo un progetto e non una casualità, inizio a capire veramente se sarà possibile propormi come scrittore o lasciar stare considerando una fortunata esperienza, il mio esordio narrativo e niente più.

Appuntare ciò che voglio esprimere a prescindere dalla storia che andrò a restituire.

L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è.

Paul Klee

 

Ed eccomi qui alla tastiera a raccontarvi l’inizio del mio percorso e del perché mi definisco uno scrittore per caso.

Nei prossimi articoli i presenterò uno alla volta tutti i libri nati da quelle prime tre pagine.

Perché da quel racconto nato per caso, dieci anni dopo, nell’agosto appena passato è uscito il mio dodicesimo libro…

Qui di seguito vi propongo una presentazione scritta da Antonella Giordano durante un’intervista per l’uscita di uno dei miei libri successivi a quelle prime tre pagine…

 

Giovanni Tommasini

 

 

Ama definirsi come uno “scrittore per caso” Giovanni Tommasini. “Scrittore per caso” dal 2013, per l’esattezza. Sicuramente non è uno scrittore qualunque a giudicare dalla risonanza che hanno ottenuto tutti suoi libri le cui narrazioni seguono indistintamente le orme di tematiche sociali e civili, soprattutto in merito alla “costruzione di una relazione d’aiuto”. Per Giovanni Tommasini l’impegno sociale è una mission non casuale. Sanremese, classe 1966, dopo la laurea in scienze politiche conseguita all’università di Genova, ha dedicato la sua vita portando aiuto nei contesti più bisognosi della società. Educatore e seminarista iscritto all’albo professionale e inizialmente impegnato come collaboratore nei consultori familiari di quartiere in qualità di assistente domiciliare, dal 1994 è educatore nei centri diurni e nelle case famiglia della Cooperativa Genova Integrazione, a marchio Anffas. Le sue esperienze professionali maturate sul campo ne fanno una voce autorevole per comprendere il panorama dei mali che affliggono le tante realtà sociali del nostro tempo.

 

Nei suoi seminari, propone dibattiti e laboratori su autismo, scrittura emotiva, dipendenza da internet, cultura sportiva e nuove generazioni. È autore di diversi libri, tra i quali notevoli sono i saggi "Papà mi connetti?", "Il virus siamo noi", "Emozioni e parole. La scrittura emotiva".

Non meno importanti e intensi i testi di narrativa “Il sogno americano del Tomato Baseball Club” “La musicalità del silenzio. Il nostro autismo e quello del mondo attorno a noi”, “Una vita senza. Una storia di quotidiana resilienza”, "L’ultima lettera alla mia prima fidanzata", “Terra battuta. Essere vivi e scendere a rete, questa la felicità”.

Nell’estate del 2023 le ultime fatiche editoriali di questo prolifico autore hanno prodotto i libri “Panico ben temperato”, “Cinema e sport, 12 film indimenticabili” e “Mondo contrario”.

Tutte le proposte editoriali di questo prolifico autore sono state dallo stesso prodotte e pubblicate su Amazon.

Antonella Giordano



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