Sirene
Non erano riusciti a capire il misto
assunto.
Un sinistro cocktail...
In un bicchiere, tutta la famiglia
sciolta nell’acqua.
Ora, in lui.
Il cassetto delle medicine aperto, ogni
confezione vuota.
Niente più.
Disteso tra il lavandino e la vasca da
bagno, pallido, magrissimo, accoccolato su un diario, le sue braccia, ancora
vive, lo difendevano, stringevano. In loro era rimasta energia: non riuscirono
facilmente a togliere quelle pagine dalle sue mani.
“È scivolato!” ai soccorritori dissero
così i genitori, che indicarono il corridoio, la porta in fondo...
Chiusa, da dentro.
Impronte di calci e pugni sul pannello
esterno.
Respirava ancora. Qualche parola ogni
tanto.
Uscendo dal portone le braccia si
sciolsero, lasciandosi andare sino a toccare terra.
Il barelliere ripose il diario sul suo
petto, il respiro si aprì in lunghi sospiri.
Le mani lo ripresero con sé.
Le sirene lo portarono in salvo.
CAPITOLO 1
INIZIARE DALLA FINE
“Tommasini?”
“Sì, pronto... ”
“Il consultorio familiare.
Si ricorda? Cesare e tutte le altre assistenze familiari quando lei era
studente universitario. Abbiamo bisogno di vederla, è l'unico che ci è venuto
in mente. Vorremmo proporle di prendersi cura di un ragazzo, non riusciamo a
capire perché ha cercato la fine. Anche
lui Scienze Politiche, mancava solo l’ultimo esame. Ora è fuori pericolo, ma al
suo risveglio vorremmo ci fosse lei ad accoglierlo, ad accompagnarlo nel
ritorno alla vita.”
“Mi spieghi meglio, che
succede?”
“Abbiamo un diario, pensiamo
sia l’unica possibilità per comprendere il gesto e il motivo. A noi è apparso
un tentativo di salvezza, di fuga, e con lei vorremmo proporre, costruire, un
inizio partendo dalla fine. Le chiediamo di leggerlo, prima del suo risveglio”.
“Posso andare a trovarlo?”
“Certo, si chiama Giovanni”.
Era lì, di fronte a me. Tra
noi un vetro, come quello per i nascituri.
Fuori da tutto, finalmente.
Sentivo sollievo,
stranamente non riuscivo a soffrire dinanzi a quell’immagine: il suo diario
nelle mie mani, il suo viso nei miei occhi.
Nessuno era venuto prima di me a
trovarlo. Nessuno.
Una trasparenza ci separava,
mi attendevano le sue parole, al suo risveglio mi avrebbero chiamato.
Avrei infranto quel labile
vitreo confine, per raccogliere assieme i frantumi delle nostre vite e creare
nuovi sguardi sulla vita.
Evitando le schegge che
inevitabilmente avrebbero tentato di colpirci, nuovamente.
Percorrendo il lungo
corridoio verso l’uscita, quelle pagine iniziarono a bruciare nella mia mano.
“Ecco il suo documento, la
chiameremo noi.”
Lasciato l’ospedale,
ritornato in strada, una luce, misto di sole e mare, mi fece perdere i sensi
per un solo attimo, per tornare in me con una palingenetica sensazione.
Non ero uscito da solo...
Era entrato in me, eravamo di nuovo assieme.
Giovanni, il passato va svelato,
ripensato, accettato, altrimenti non rimane che ripeterlo, nessuna possibilità
di scelta per il futuro.
Ciò che avrei voluto dirgli,
ora che ero stato di fronte a lui.
Sentire e capire, avendolo a
lungo osservato disteso su quel letto, dopo l’ultima battaglia persa, in attesa
del suo ritorno.
Cercare l’inizio partendo
dalla fine: solo questo mi portai via dal primo “incontro”.
I pensieri volarono a quei
fogli. Dovevo solo attendere e leggere, senza fretta.
Un viaggio senza conoscere
la meta finale.
Le prime parole, intanto,
sul filobus, verso Pian di Poma, sul diamante della mia giovinezza: la terra
rossa, l’erba da accarezzare e le sue pagine.
Parole rare
e preziose come una ferita, mai dette, subite, mai ripetute, confessate. La
paura fossero vere, insostenibili, enormi.
CAPITOLO 2
CI SARANNO LE PAROLE
PER TUTTO QUESTO?
Non riuscii più a
interrompere la lettura.
Una testimonianza, una
confessione, una liberazione.
Un rincorrersi, cercare
rifugio nella creazione di un testo, creare un senso, risorgere da un vuoto che
rapisce.
Leggevo, vivevo le parole di
Giovanni e in me esplodeva un testo, profondo, nascosto, mai scritto.
Pagine senza data, un
affastellamento di eventi all’apparenza inesprimibili, incomprensibili,
drammaticamente incancellabili.
Non mi rimanete che voi,
pagine bianche, chiedo a Voi, almeno a Voi, accoglienza, ascolto, per far
nascere ciò che non riesco a vivere, tenere in me.
Inizierò da quella
mattina in cui il male uscì, per la prima volta, da quel portone.
Troverò le parole per dar
voce all’inferno quotidiano che mi esplode dentro e mi porta lontano, sempre
più estraneo a me stesso.
Quel giorno avrei potuto
dirlo, ma non avevo ancora individuato le giuste parole per esprimere il perché
mi trovavo lì, di fronte a quel dottore.
Lo rividi il mese dopo
per sentirmi comunicare che era andato tutto a posto.
Questo avrei voluto dire:
“Mi avete tolto il gesso ma in gabbia sono rimasto io. Mi hanno inciso l’anima,
scalfito i sogni, spento il sorriso.
Strappato ogni pagina più bella, accartocciata e buttata nel
cesso. Ma è venuto il momento di riprenderle tutte.
E i conti li faremo alla
fine...”
Ora scrivo io.
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PAGINE D'AMORE PER MIO FIGLIO
Sette storie di vita vissute in prima linea. Con un unica piattaforma social di riferimento, nella quale cercare un'amicizie e condividere le proprie esperienze. L'Altro e la Realtà.
SONO CESARE...TUTTO BENE. Una relazione di reciproco aiuto.
UNA VITA SENZA. Una storia di quotidiana resilienza.
L'ULTIMA LETTERA ALLA MIA PRIMA FIDANZATA.
IL SOGNO AMERICANO DEL TOMATO BASEBALL CLUB. Racconti.
LA SCRITTURA EMOTIVA.
PAPÀ MI CONNETTI?. La dipendenza da internet e il futuro delle nuove generazioni, che stanno nascendo, crescendo, vivendo perennemente connessi, senza più la fecondante esperienza relazionale con un Altro significante. Con un capitolo finale di descrizione delle nuove e gravi patologie derivanti dalla dipendenza da internet. Test finale per valutare la propria dipendenza da internet.
IL VIRUS SIAMO NOI. Riflessioni in quarantena. ....
CAPPUCCETTO ROSSO AI TEMPI DEL COVID.
IL BAMBINO CHE CON IL SORRISO TRASFORMAVA LE PIETRE IN DIAMANTI.
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L'ULTIMA LETTERA ALLA MIA PRIMA FIDANZATA
La felicità non si vive, si ricorda.
Un libro, questo, che va letto con il cuore completamente aperto.
L’autore fin dalle prime frasi ci spalanca con incantevole maestria ad una sensibilità estrema e delicata, che va letta come una lunga cantilena in cui farsi avvolgere dalla sensazioni e riporre noi stessi mentre la leggiamo.
Le pagine alternano la consapevolezza matura- derivante dalla conoscenza del tempo che è stato- alla dolce ingenuità dei sogni- strascico dell’incoscienza di un tempo che si spera mai passato, quello della nostra gioventù- in un assolo di voce maschile che rincorrere quella femminile, ricordando Michela.