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domenica 8 ottobre 2023
UNA PROVOCATORIA LIBERTÀ IN CERCA DI SCRITTURA. LA FELICITA' DI VIVERE LA COMPLESSITA'
IN CERCA DI SCRITTURA
(UNA PROVOCATORIA LIBERTÀ)
«Non capisco tutto e mi rallegro
LA COLLANA PAGINE D'AMORE PER MIO FIGLIO SU AMAZON
LA COLLANA PAGINE D'AMORE PER MIO FIGLIO SU AMAZON
giovedì 5 ottobre 2023
VOYERISMO E ESIBIZIONISMO. Sul web non è rimasto altro. La vita è un altrove sconosciuto.
Li vedo salire sul Monte Fasce.
Per godersi un bel giro in moto, penso.
Sul casco una piccola telecamera, in mezzo alle curve amici stesi per terra con gli smartphone per riprendere la piega, il pericolo scampato, il monoruota estremo, senza casco, senza paura, senza consapevolezza, se non che si sta girando un video per postarlo, pubblicarlo, condividerlo, sui social.
Un gruppo di adolescenti stuprano una coetanea.
Il video dell'orrore condiviso nei gruppi whatsapp.
Ogni stupro la stessa notizia.
Ci sono i video.
Quasi fosse vissuto quale una lavatrice di ogni nefandezza, il web.
Ma anche un clamoroso e sconvolgente scollamento con la realtà, agita e ripresa.
Una anomia digitale agghiacciante, 2.0, un metaverso dell'anima, della coscienza, anestetizzata, messa in ghiaccio, dall'unico pensiero rimasto in gioco.
Scalare le indicizzazioni, essere rintracciabili facilmente sulla barra delle ricerche, ottenere più visualizzazioni possibili.
Per riuscire a bloccare lo scrolling e catturare 6/7 secondi di attenzione a più navigatori anonimi online possibili.
Per sentirsi esistere.
Senza nessuna consapevolezza della responsabilità e conseguenze oggettive del proprio agire.
La vita è messa fuori da questa logica.
Si pensa a se stessi, si da valore al proprio essere al mondo, in relazione al pensiero di essere guardati, provocare "reazioni ", sempre più "touch" sullo schermo di un device, sulla foto, il video, postato.
Altrimenti non si esiste.
Le sfere relazionali tradizionali vengono eluse, non esistono più in questa allucinante dinamica.
Esibizionismo e vojerismo.
La intimità.
La familiarità.
La sfera privata.
La dimensione familiare.
Il vivere la condivisione pubblica.
Nascere, crecere, vivere, con una sola visione, lo schermo di fronte a sé, con un Altro, che dovrebbe essere il genitore, i suoi occhi nei quali perdersi, riconoscersi, identificarsi, crescere, tutti persi, genitori e figli, nella sbarra delle ricerche.
È in atto una definitiva desertificazione culturale, relazionale, emotiva, cognitiva.
Ogni azione umana messa al servizio dei like e delle visualizzazioni viene svuotata delle sue componenti di vitalità e coinvolgimento di un insieme fatto di cinque sensi e voglia di vivere.
Mi fermo qui.
Continuate voi per favore, se siete riusciti a finire di leggere queste riflessioni
Abbiamo raggiunto Marte eppure, in quanto genere umano, abbiamo un problemino con la nostra soglia di attenzione. Che sì, secondo recenti ricerche si starebbe via via riducendo, arrivando a una media di 8 secondi totali: meno di quella di un pesce rosso, per capire la gravità della situazione.
(prima risposta ricerca google "media tempo di attenzione sul web")
PAPA' MI CONNETTI?: La perenne connessione e il futuro delle nuove generazioni, che stanno nascendo, crescendo, vivendo, senza l’Altro
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TUTTI I LIBRI DI GIOVANNI TOMMASINI
martedì 3 ottobre 2023
SCRIVERE RENDE FELICI. LA SCRITTURA EMOTIVA. EMOZIONI E PAROLE DA VIVERE ASSIEME.
Ma i veri viaggiatori partono per partire e
basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente,
dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perché.I loro desideri hanno le forme delle nuvole. Charles Baudelaire
LA SCRITTURA EMOTIVA
Il sommario del saggio
I racconti di Giovanni Tommasini su Baseballmania. 33
Arrivarono i primi commenti dai lettori. 39
Così mi presentarono la “mission”. 59
Una persona rara e preziosa. 67
Come restituire una storia. 82
“LA RICERCA DELLA FELICITA’”. 92
GIOVANNI TOMMASINI SU AMAZON
Libri e EBooks da una realtà dimenticata. Quella del "NOI", degli abbracci, delle passeggiate mano nella mano, gli occhi negli occhi dell'Altro.
Premesse
introduttive
Il mio
scrivere è un percorso lungo nel quale il momento in cui mi metto alla tastiera
non è che la penultima tappa prima dell'arrivo a fine corsa..
La partenza:
l’esperito quotidiano.
Il passo successivo:
la messa a fuoco di un senso in ciò che sto vivendo, ho vissuto, vorrei vivere.
Viene a
configurarsi in me la necessità di esprimere un concetto.
Dare un nome
e articolare un discorso sulla sensazione che poco prima ha dato una scossa ai
miei pensieri sino ad allora tranquillamente messi in stand-by dalla tranquilla
routine quotidiana e che la realtà mi propone e della quale non posso più
rimandarne la comprensione.
Il concetto
va a collegarsi con ricordi, vissuti, racconti, eventi, in automatico.
La memoria a
questo punto elicita emozioni.
Sentimenti
che sono propri dell'immaginario che il vissuto di partenza ha messo in luce.
E’ un
movimento eminentemente interiore.
L’inizio e
la fine di tutto in un unico momento, la terra di mezzo sarà da scoprire, il
senso che noi diamo al nostro essere in gioco, un misto da scomporre e mettere
in forma discorsiva, per realizzare scenari sempre più vivibili per il nostro
procedere.
“ Tu
lo sai cosa sono i fasiani?
No. Cosa
sono?
Uccelli.
Uccelli che provano tutte le emozioni in un solo istante. Quando cantano
esprimono amore e rabbia e paura e gioia e tristezza tutto insieme, mescolato
in un unico suono magnifico! Quando gli capita di incontrare l’amore della loro
vita sono al tempo stesso felici e tristi. Felici perché capiscono di essere di
fronte all’inizio, ma tristi perché in fondo sanno che è già finita.”
Astrid
Bergès-Frisbey
Micheal Pitt
– Ian
Progetto che
esprime la volontà di restituire storie di vita paradigmatiche in forma
semplice, all'interno di un racconto interessante, che le rappresenti nel
migliore e più ampio dei modi.
Un percorso
proprio dell’esperienza quotidiana, un “qui e ora” che va a collegarsi con il “la
e allora” che “salvo” e mi propongo di tradurre, riproporre e restituire.
Pressante in
me la necessità di esprimere pienamente tutto ciò.
Inserisco la
variabile del tempo, mi concedo momenti di “riflessioni”, apro in me finestre
che salvano e lasciano in quiescenza il concetto che ho intravisto e che
l’esperienza mi ha messo di fronte, poi entrato in me, vagando nel mio mondo
interiore.
Un lento
“decantare” in attesa di “vedere” le parti ben rappresentate e sempre più
“chiare”.
La sensibilità è una condanna ma ti consente
di cogliere migliaia di colori in un
viaggio in bianco e nero.
Michelangelo Da Pisa
Esperienza
Tutti i luoghi che ho visto,
che ho visitato,
ora so – ne sono certo:
non ci sono mai stato.
Giorgio Caproni
A questo
punto nasce una necessità “fisiologica” di restituire, “scaricare”, in forma di
parole questo vero e proprio “prodotto” che è un misto d’intellettualità,
emotività razionalità, e può essere rappresentato in forma di parole, racconto,
narrazione.
Mi metto
allora a scrivere senza pensare inizialmente alla corretta espressione, ma
ascoltando, accogliendo, accettando questo “prodotto” emozionale fatto di un
concetto di partenza sottostante a tutto, ricordi, emozioni e sentimenti che
danno “vitalità” al vissuto che tutto ciò ha elicitato.
…perch’io, che nella notte abito solo,
anch’io, di notte, strusciando un cerino sul muro, accendo cauto una candela
bianca nella mia mente – apro una vela timida nella tenebra, e il pennino
strusciando che mi scricchiola, anch’io scrivo e riscrivo in silenzio e a lungo
il pianto che mi bagna la mente….
Giorgio Caproni
Non siamo
che alla metà del percorso che dovrà portarmi alla stesura finale del testo
“pubblicabile”.
Collegata a
questo metodo che io definisco “scrittura emotiva”, è la tecnica
“citazionistica” che entrerà in aiuto nella fase di “revisione” del testo,
fondamentale per definire il mio rapporto con i lettori.
Metto in
campo i miei “amici elettivi”, autori che ho chiamato in soccorso nella
solitudine della mia crescita, pomeriggi sconfinati in una casa di soli libri,
sogno ancora in atto che non ho nessuna intenzione di interrompere..
Questo il
percorso che mi porta alla tastiera.
Un ultimo
passaggio sarà necessario.
Eliminare
ogni mio protagonismo dal testo per far entrare in campo chi andrà a leggere le
mie pagine.
Il loro
quotidiano, in questo caso la “lettura” delle mie pagine, li porterà,
inconsapevolmente a ripercorrere una medesima esperienza.
Le mie
parole, i loro concetti, ricordi, emozioni.
Il cerchio
si chiude.
Come
ottenere questa “reazione” da parte di chi leggerà il mio “testo emotivo”?
Predisporre
i presupposti per l’imbarco e fare assieme lo stesso viaggio?
Ognuno sul
proprio spartito.
La vita è un viaggio, e quelli che non
viaggiano ne leggono solo una pagina.
Agostino d’Ippona
Viaggiare è come sognare: la differenza è che
non tutti, al risveglio, ricordano qualcosa, mentre ognuno conserva calda la
memoria della meta da cui è tornato.
Edgar Allan Poe
La versione
finale sarà da riproporre ripulita da ogni mia presenza, protagonismo, il testo
ripulito da ogni possibile “condizionamento”, il lettore non dovrà mai sentirsi
condotto, in soggezione, da parte dello scrivente.
Necessario
eliminare mie spiegazioni, interpretazioni, dimostrazioni di “intelligenza”, lasciando
“sul terreno” solo la narrazione, il puro racconto, le emozioni, come quei
disegni in cui sono presenti solo i contorni, così da lasciare il lettore
libero di colorare partendo da se stesso, dal proprio immaginario interiore, le
mappe emotive-concettuali rappresentate.
L’arte di scrivere consiste nel far
dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole.
Henri Bergson, L’anima e il corpo
(conferenza), 1912
Questo
“lavorio” mi coinvolge totalmente nel corso della mia esperienza quotidiana.
Soffermarmi
su concetti che fanno da “start” a tutto ciò che ho appena descritto.
La lettura è piacere e gioia di essere vivo o
tristezza di essere vivo, e soprattutto è conoscenza e domande.
Roberto Bolano, 2004, (postumo)
lunedì 2 ottobre 2023
La realtà. Piattaforma social senza più follower.
IL FRASTUONO DEL MONDO COS'È,
CANTAVA PAOLO CONTE.
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Stiamo vivendo un momento storico in cui non si sente più "il frastuono del mondo". Il silenzio è sempre più assordante, sui treni, in pizzeria, persone perse nello schermo di un device.
Mio figlio nella primavera del 2013 mi chiese "papà mi connetti?" e non mi resi conto che tutto stava cambiando, l'altro iniziava a sparire, uno tsunami digitale stava per travolgere tutto e tutti.
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Per la prima volta nella storia, una rivoluzione tecnologica in meno di dieci anni ha ribaltato la quotidianità di ognuno di noi, eliminando l'unica piattaforma social con la quale noi, ultima generazione nata e cresciuta, per la maggior parte della nostra vita, off line, senza rete, abbiamo avuto a che fare : la realtà.
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La desertificazione culturale, lessicale, emotiva, che la perenne connessione produce, è un vero e proprio progetto strumentale alla riduzione dell'utente ad una mera protesi del device, in funzione di una vita fatta di una serie di "touch" indotti, finalizzati all'ordinazione di merci (il magazzino ha ormai sostituito il palmo della nostra mano) , pagamento di ricariche, per giochi, servizi, svuotando ogni "azione umana" di ogni contenuto relazionale, affettivo, reale.
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Libri e EBooks da una realtà dimenticata. Quella del "NOI", degli abbracci, delle passeggiate mano nella mano, gli occhi negli occhi dell'Altro.
Questo il futuro delle nuove generazioni.
Cosa possiamo fare noi ultima generazione nata, cresciuta, vissuta off line, nella realtà, con l'immagine di noi stessi riflessa nel volto dell'Altro?
Parliamone.....
Like addiction, challenge, nomofobia e vamping: sono le nuove patologie da iperconessione, rilevate da uno studio curato dall'Osservatorio nazionale adolescenza e condotto su 8.000 ragazzi a partire dagli 11 anni d'età. Dall'indagine, messa a punto anche in occasione del Safer Internet Day, emerge che il 98% tra i 14 e i 19 anni possiede uno smartphone personale già a 10 anni. Più i ragazzi sono piccoli, più hanno avuto precocemente tra le mani i vari strumenti tecnologici, sottolinea l'Osservatorio: il dato rilevante è che oltre 3 adolescenti su 10 hanno avuto modo di utilizzare uno smartphone direttamente nella primissima infanzia, con la possibilità anche di accedere liberamente a internet e alle applicazioni presenti nel telefono.
Tra i più giovani, l'età media dell’uso del primo cellulare, l’accesso a internet e l’apertura del primo profilo social si aggira intorno ai 9 anni. Circa 5 adolescenti su 10 dichiarano di trascorrere da 3 a 6 ore extrascolastiche con lo smartphone in mano, il 16% da 7 a 10 ore, mentre il 10% supera abbondantemente la soglia delle 10 ore. Il 95% degli adolescenti ha almeno un profilo sui social network, contro il 77% dei preadolescenti. Il primo è stato aperto intorno ai 12 anni e la maggior parte di loro arriva a gestire in parallelo 5-6 profili, insieme a 2-3 app di messaggistica istantanea.
Il fatto di avere una serie di applicazioni social sconosciute ai genitori - sottolinea l'Osservatorio - permette loro di essere meno controllati e più sicuri di poter anche osare, favorendo comportamenti come il sexting, cyberbullismo e diffusione di materiale privato in rete. Uno dei dati più allarmanti - evidenzia il report - è che il 14% degli adolescenti ha anche un profilo finto, che nessuno conosce o solo pochi, risultando quindi non controllabile dai genitori e nel contempo facile preda della rete del grooming (adescamento di minori online).
Sei adolescenti su dieci dichiarano di non poter più fare a meno di WhatsApp: il 99% lo utilizza ogni giorno, il 93% si scambia i compiti attraverso il gruppo-classe e il 70% chatta in maniera compulsiva. Per quanto riguarda i preadolescenti, invece, il 96% utilizza WhatsApp.
Quali sono gli effetti di questo essere sempre connessi? Il 'vamping', ossia la moda degli adolescenti di trascorrere numerose ore notturne sui social media, sembra diventata una vera e propria abitudine - denuncia l'Osservatorio - tanto che 6 su 10 dichiarano di rimanere spesso svegli fino all’alba a chattare, parlare e giocare, rispetto ai 4 su 10 nella fascia dei preadolescenti. La tendenza, invece che accomuna tutti i ragazzi è di tenere a portata di mano il telefono quasi tutto il giorno, notte compresa, fino al 15% che si sveglia quasi tutte le notti per leggere le notifiche e i messaggi, in modo da non essere tagliati fuori, altra patologia emergente legata all’abuso dello smartphone (Fomo - fear of missing out).
Gli adolescenti - allerta l'Osservatorio - sono alla continua ricerca di approvazione, che si raggiunge attraverso like e follower: per circa 5 su 10 è normale condividere tutto quello che si fa, comprese foto personali e private, mettendo tutto in vetrina, sottoponendolo alla severa valutazione della macchina dei 'mi piace'. Per oltre 3 adolescenti su 10 è importante il numero dei like ricevuti, che accrescono l’autostima, la popolarità e quindi la sicurezza personale. Ovviamente, vale anche il contrario,tanto che il 34% ci rimane molto male e si arrabbia quando non si sente apprezzato.
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venerdì 29 settembre 2023
IL PANICO PUO' ESSERE NOSTRO ALLEATO?
Come vivere consapevolmente, storicizzare e neutralizzare, i prodromi del panico?
Il panico può essere nostro alleato,
il corpo chiede di fermarsi per trovare
Traumi; ferite
emotive; una grande sofferenza interiore che affonda le radici nell’infanzia e,
paradossalmente, ha origine proprio dalla famiglia, da quel nucleo che, dalla
nascita, avrebbe dovuto costituire il nostro nido, un riparo accogliente e
amorevole in cui sentirci al sicuro, protetti, amati, coccolati.
A volte,
purtroppo, questo non accade ma, al contrario, è proprio la famiglia di origine
a costituire la fonte di ogni nostro problema.
La casa si trasforma in una prigione, in un infermo dantesco da cui non
sarà possibile fuggire per molti anni e cioè fino a quando l’età e le
circostanze non ci permetteranno di prendere il volo e andarce alla ricerca di
un luogo se non più sicuro, quantomeno più sereno.
Dalla prigione
fisica, quindi, spesso riusciamo a uscire, in un modo o nell’altro, non fosse
altro che per quell’innato e, a volte sottostimato, spirito di
sopravvivenza. Da quella emotiva e
mentale che la realtà vissuta ha creato, forgiato ed in cui noi stessi siamo
sprofondati può essere molto più difficile evadere e richiedere tempi più
lunghi.
A causa delle
circostanze vissute, abbiamo, infatti, finito con il credere che altro la Vita
non ci avrebbe riservato; che forse tanto dolore e tanta sofferenza ce li siamo
addirittura meritati; e che l’inferno è sempre meglio del nulla.
Le circostanze
oggettive, rafforzate dalla nostra personale percezione degli eventi,
dalla nostra estrema sensibilità e altrettanto profonda emotività
hanno continuato a tenerci a lungo incatenati in uno stato di totale
negatività, un tunnel buio in cui la luce sembrava non entrare mai.
Il tempo passa,
noi cresciamo, maturiamo, abbiamo relazioni spesso altrettanto fallimentari di
quelle che i membri della nostra famiglia hanno avuto.
La sensibilità
e l’emotività crescendo non diminuiscono ma, al contrario, si rafforzano. Ad esse si aggiunge una nostra maggiore
capacità analitica degli eventi traumatici di cui siamo stati testimoni quando
non vittime. La conclusione cui potremmo
approdare è che la Vita sembra portare solo problemi e mai soluzioni né
tantomeno risposte alle nostre domande.
Corpo, Mente,
Psiche e Spirito sono in continuo stato di allerta, di trambusto... fino a
quando non reggono più e, a modo loro, chiedono disperatamente aiuto: ci
ritroviamo improvvisamente preda di attacchi di panico.
Andiamo in
ipoventilazione, ci manca il respiro, perdiamo i sensi o comunque il controllo
del nostro corpo. Crolliamo al suolo
sotto gli occhi preoccupati di qualche Buon Samaritano di passaggio che ci
soccorre e chiama un’ambulanza. La
macchina – te stesso – l’hai guidata sempre al massimo della velocità cui
poteva andare e il motore alla fine ha ceduto: la macchina si è fermata.
Esiste una
soluzione, una via d’uscita a tutto questo?
Assolutamente sì!
Il percorso
psicoterapeutico sicuramente sarà d’aiuto e in molti casi persino necessario.
Noi, però, dobbiamo fare la nostra parte.
Da ‘testimoni oculari’ dobbiamo trasformarci in ‘creatori’ della nostra
Vita.
Le ferite
emotive restano, così come rimarrebbero le cicatrici fisiche se le
avessimo. Dei traumi vissuti rimarrà sicuramente
il ricordo.
L’importante è
prendere in mano le redini della propria vita.
Come?
Innanzitutto confrontandoci
con la realtà vissuta, metabolizzandola, per quanto penosa.
Forse in
passato e per molto tempo questo passo non è stato fatto perché non eravamo
pronti a confrontarci di nuovo con tanto dolore, a guardarlo in faccia e a riviverlo.
La vera
guarigione, tuttavia, può realizzarsi solo attraverso il confronto con e
l’accettazione consapevole della realtà per quanto dolorosa essa sia.
Accettare ciò che è stato, per quello che è stato, è
fondamentale.
Chi ci ha
provocato tanta sofferenza era malato/a, non in grado di controllare la propria
vita né fare scelte diverse. Se ne
avesse avuto la capacità, le avrebbe fatte.
Accettare la
realtà per quella che è stata non significa assolutamente giustificare, ma semplicemente riconoscere che le cose sono andate
in un certo modo e che non è possibile cambiare il passato, riavvolgere la
bobina e crearne uno nuovo, diverso, migliore.
È possibile, tuttavia,
creare un presente e un futuro diversi, rifiutando di
continuare a essere delle vittime
Dobbiamo,
quindi, non solo confrontarci con la realtà e accettare ciò che è stato, ma
avere la determinazine, la forza, il coraggio di dare un taglio al passato
e riemergere dalle ceneri, creando un presente e un futuro non di pura
sopravvivenza, ma vivendo la Vita nella maniera più piena possibile,
focalizzandoci sulle sue bellezze, su ciò che ci dà gioia, serenità, che ci
arricchisce spiritualmente, che riempie
il nostro cuore, la nostra mente e il nostro spirito di positività, di luce.
La scrittura
emotiva, utilizzata quindi a scopo terapeutico, diventa uno strumento
estremamente valido per liberarsi del passato.
Il processo di
disintossicazione è in atto: non ci fermeremo fino a quando l’ultima tossina
non sarà stata eliminata e il nostro corpo, la nostra mente, il nostro spirito
e la nostra psiche non avranno raggiunto una salute ottimale, quella tanto
agognata e mai assaporata né vissuta completamente.
Maria Teresa De
Donato,
Autrice,
Giornalista freelance, Dottoressa in Salute Olistica