domenica 8 ottobre 2023

UNA PROVOCATORIA LIBERTÀ IN CERCA DI SCRITTURA. LA FELICITA' DI VIVERE LA COMPLESSITA'

 



LA FELICITA' DI VIVERE LA COMPLESSITA'


IN CERCA DI SCRITTURA

(UNA PROVOCATORIA LIBERTÀ)

 

«Non capisco tutto e mi rallegro
persino che il mondo come un oceano
inquieto superi la mia capacità
di comprendere il senso dell’acqua, della pioggia,
 dei bagni nello Stagno del Fornaio […]»
Ode alla molteplicità, A. Zagajewski
 
La scrittrice austriaca Ingerborg Bachmann in alcune interviste rilasciate fra gli anni ’50 e ’70 ci ha lasciato alcune importanti considerazioni circa il compito poetico del pensiero. Un compito che dovrebbe portare nelle esperienze di dolore degli altri perché «il pericoloso sviluppo di questo mondo moderno glielo sottrae» (Bachmann, In cerca di frasi vere, Bari, Laterza, 1989, p.7). Si tratta non solo di un’intenzione autobiografica o intimista di dialogo interiore, ma ci permette di portare attenzione ad una possibile necessità etica, e se vogliamo politica, di una scrittura del “ricordo”. Lo sforzo è dunque quello di appellarsi, attraverso l’esistenza del linguaggio, alla “conoscenza” di quello spazio in cui non si ha solo una vicinanza empatica o d’immedesimazione con il proprio vissuto, ma si raccoglie una rilevanza collettiva della memoria.
La storia dell’altro, oppure propria, diviene così ricordata e non rimossa. Riportata a quel dialogo “comune” che riarticola il senso delle cose, ne fa scaturire margini oscuri, ne assopisce o risveglia alcune luminosità e presuppone la presenza dell’altro o dell’altra, per essere ascoltata, compresa, trasformata. Dopotutto per scrivere ci si ferma a pensare, si scopre la fatica di trovare alcune parole che “sappiano dire” palesando così continuamente la paradossalità “dell’impossibilità di dire”, un gioco straordinario che ci mette nella disposizione a riconoscere che non siamo soli a parlare con noi stessi ma già plurali e insieme ad altri.
Non cloni ma meticci. Quell’origine, quel germoglio che non si riproduce per spezzamento e innesto ma diviene per fortuna nascita, molteplicità di nascite che, come diceva Arendt, è condizione dell’umanità: essere nati per cominciare. Quando si va in cerca di scrittura forse si ricerca proprio questa generatività.
Una provocatoria libertà simile a quella di essere nascenti, non solo frammenti di un mondo capitati qui per caso, ma tessuti intrecciati che disperdono autorità, poteri, ruoli e identità.
La scrittura, così, ci concede quella libertà di fare esperienza di quell’insieme di eventi attraverso il pensare e, anche se già pensati, diventando così, felicemente, un qualcosa di più, di ulteriore, in cui siamo anche di più di quello che abbiamo detto o stiamo per dire.
Sperimentiamo così la posizione, lo sguardo e il punto di vista di chi «stava riuscendo a capire le parole, tutto quello che contenevano. Ma, nonostante tutto, aveva la sensazione che possedessero una porta falsa, nascosta attraverso cui sarebbe trovato il loro vero significato» (C. Lispector, Vicino al cuore selvaggio, Adelphi Milano, 2003, p. 54). Un rischio, come quello di essere liberi ripercorrendo e trovando legami, un’esposizione che richiede la nostra attenzione a trovare temporaneamente una forma.
Non si può certo sottovalutare che la scrittura resti, sia lì, presente, nero su bianco, irrimediabilmente definita. Questa presunta fermezza è tuttavia un margine, una soglia, un confine che di qua ha la mano della scrittrice o dello scrittore e di là lo sguardo della lettrice o del lettore. Grazie a questi personaggi quel confine diviene labile, lì in quel punto nasceste, grazie alla magia di saper concatenare lettere e di vedere questo concatenamento, diviene la possibile ri-articolazione di mondi.
Il lettore o la lettrice vedrà una forma scritta che potrà deformare e portare nel mondo con un giudizio, un punto di vista, un sentimento che la farà essere ancora. In questo senso, quella forma che tanto si va cercando è fragile, effimera, temporanea, anche se scritta.

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La scrittura è un lungo discorso di cui, diceva W. Szymborska: «la prima frase è sempre la più difficile» e nasce, a mio avviso, da un qualcosa che “non so”, da una continuazione di domande, di imprecisioni e inciampi che temo, oggi, la contemporaneità voglia racchiudere in margini di sicurezza, domicilio e perfezione. La scrittura non sta al passo coi tempi, rallenta, aumenta, disloca asettiche verità, s’infila negli interstizi della realtà provando a confonderla per comprenderla. Quando questo accade è un improvviso momento, un momento di cui non si conosce mai l’inizio preciso ma che necessita di spazio per far sì che esso possa cominciare.
C’è qualcosa in cui credere e da perdonare nella scrittura è «la fede nelle forze segrete che sonnecchiano in ogni cosa e la convinzione che con l’aiuto di parole opportunamente scelte riuscirà a risvegliarle: il poeta (o la scrittrice aggiungo io) può anche aver conseguito in modo trionfale sette lauree, ma nel momento in cui si mette a scrivere l’uniforme del razionalismo comincia a stargli stretta. Ecco che allora si agita sbuffa, slaccia un bottone dopo l’altro, finché non salta fuori dal suo vestitino […]» (A. Bokont, J.Szczesna, Cianfrusaglie dal passato, Adelphi, Milano, 2015, p.172).



Paradossale, inoltre, che chi scrive quanto appena detto vada poi in cerca di dialogo, di pensiero non scritto, attraverso una pratica di filosofia insieme all’infanzia e ad altri mondi nell’idea che questo possa permettere un proposito, quello della pluralità, l’insieme, che anche qui «concede il cominciamento, ciò che permette l’interruzione dell’ordinarietà, la sospensione della metodicità, l’emergere di sensibilità rivoluzionarie»
(a cura di S. Bevilacqua, P. Casarin, Philosophy for children in gioco. Esperienze di Filosofia a scuola: le bambine e i bambini (ci) pensano, Mimesis, Udine/Milano, 2016, p.61).



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giovedì 5 ottobre 2023

VOYERISMO E ESIBIZIONISMO. Sul web non è rimasto altro. La vita è un altrove sconosciuto.


Tutti i giorni vado al lavoro la mattina e torno a casa a metà pomeriggio passando dalle alture che da Uscio, paesino sopra Recco, mi portano a Genova.
Il paradiso e l'inferno dei motociclisti.

Li vedo salire sul Monte Fasce.

Per godersi un bel giro in moto, penso.

Sul casco una piccola telecamera, in mezzo alle curve amici stesi per terra con gli smartphone per riprendere la piega, il pericolo scampato, il monoruota estremo, senza casco, senza paura, senza consapevolezza, se non che si sta girando un video per postarlo, pubblicarlo, condividerlo, sui social.

Un gruppo di adolescenti stuprano una coetanea. 

Il video dell'orrore condiviso nei gruppi whatsapp.

Ogni stupro la stessa notizia. 

Ci sono i video.

Quasi fosse vissuto quale una lavatrice di ogni nefandezza, il web.

Ma anche un clamoroso e sconvolgente scollamento con la realtà, agita e ripresa. 

Una anomia digitale agghiacciante, 2.0, un metaverso dell'anima, della coscienza, anestetizzata, messa in ghiaccio, dall'unico pensiero rimasto in gioco.

Scalare le indicizzazioni, essere rintracciabili facilmente sulla barra delle ricerche, ottenere più visualizzazioni possibili.

Per riuscire a bloccare lo scrolling e catturare 6/7 secondi di attenzione a più navigatori anonimi online possibili.

Per sentirsi esistere. 

Senza nessuna consapevolezza della responsabilità e conseguenze oggettive del proprio agire.

La vita è messa fuori da questa logica.

Si pensa a se stessi, si da valore al proprio essere al mondo, in relazione al pensiero di essere guardati, provocare "reazioni ", sempre più "touch" sullo schermo di un device, sulla foto, il video, postato.

Altrimenti non si esiste. 

Le sfere relazionali tradizionali vengono eluse, non esistono più in questa allucinante dinamica. 

Esibizionismo e vojerismo. 

La intimità. 

La familiarità. 

La sfera privata. 

La dimensione familiare. 

Il vivere la condivisione pubblica. 

Nascere, crecere, vivere, con una sola visione,  lo schermo di fronte a sé, con un Altro, che dovrebbe essere il genitore, i suoi occhi nei quali perdersi, riconoscersi, identificarsi, crescere, tutti persi, genitori e figli, nella sbarra delle ricerche. 

È in atto una definitiva desertificazione culturale, relazionale, emotiva, cognitiva.

Ogni azione umana messa al servizio dei like e delle visualizzazioni viene svuotata delle sue componenti di vitalità e coinvolgimento di un insieme fatto di cinque sensi e voglia di vivere. 

Mi fermo qui.

Continuate voi per favore, se siete riusciti a finire di leggere queste riflessioni 

Abbiamo raggiunto Marte eppure, in quanto genere umano, abbiamo un problemino con la nostra soglia di attenzione. Che sì, secondo recenti ricerche si starebbe via via riducendo, arrivando a una media di 8 secondi totali: meno di quella di un pesce rosso, per capire la gravità della situazione.

(prima risposta ricerca google "media tempo di attenzione sul web")


PAPA' MI CONNETTI?: La perenne connessione e il futuro delle nuove generazioni, che stanno nascendo, crescendo, vivendo, senza l’Altro

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martedì 3 ottobre 2023

Sinner. Primo Slam. Non solo tennis. La parabola e l'esempio di una persona che vive di scelte.

 


Terra battuta su Amazon 

Aggiornamento...
SINNER HA VINTO IL
PRIMO SLAM
L'AUSTRALIAN OPEN

 abbiamo anche vinto la COPPA DAVIS, ANCHE E SOPRATTUTTO GRAZIE A...

SINNER
APPRODA ALLA FINALE DELLE FINALSATP 2022 DI TORINO

Sinner scriverà pagine importanti e indimenticabili nel #libro della storia del #tennis.

Non è solo tennis, ma una "parabola" sportiva e esistenziale da restituire alle nuove generazioni.

Impegno, sacrificio, fatica, coraggio, scelte da sostenere nella consapevolezza di averle fatte per affrontare meglio il futuro.

Lo sguardo sempre rivolto in avanti, senza farsi distrarre dalle inevitabili critiche, forti della fiducia di avere in mano il timone del proprio destino.

Tutto ciò sta dimostrando questo campione.

Nella vita si può essere padroni e autori del proprio cammino, a prescindere dai risultati, credendoci sempre.

Sinner ha abbattuto per la TERZA volta in poche settimane il muro di gomma chiamato Medvedev.
Finalmente. Ha vinto il decimo torneo ATP.
Ed è solo all'inizio della sua carriera sportiva.
Riscriverà la storia del tennis italiano, anche se ha dichiarato che a lui importa la sua di storia, e va rispettato e capito in questo.

Ha già sconfitto più volte il predestinato.

Il futuro sarà nelle loro corde.

Sinner ha battuto per la quarta volta Alcaraz.

E' diventato il quarto al mondo nel massimo circuito professionistico del tennis, conduce quattro match a tre sul fenomeno spagnolo, già numero uno al mondo, il più giovane di sempre sulla vetta della classifica ATP.

Com'è arrivato a questi risultati storici il tennista altoatesino?

Se ripercorriamo la carriera degli ultimi anni, dal suo esordio nel circuito professionistico ad oggi, è possibile delineare alcune caratteristiche che andrebbero restituite e proposte in tutte le scuole, a chi si sta ponendo domande su come riuscire a diventare autore del proprio destino, e a chi si sta affacciando alla vita, prima di esserne per sempre rapito.
SINNER HA FATTO DELLE SCELTE, PERSONALI, E LE HA PERSEGUITE.

Scegliere non è semplice, gratis, e soprattutto è faticoso.

Immaginarsi un percorso, creare un progetto e porsi degli obiettivi da raggiungere. 

Nel circuito ATP tutti si approcciano in questo modo, ognuno scegliendo il proprio percorso, intraprendendo un cammino, accettandone la fatica, nel tentativo di raggiungere risultati.

E' possibile trarre insegnamenti preziosi dall'esempio che ogni giorno, ogni partita, ogni torneo perso e vinto, campioni quali Sinner, Alcaraz, e tutti coloro che intraprendono una carriera professionistica, esprimono con il loro incedere per proporsi nell'agonismo quotidiano.

Come se avessero inizialmente risolto e risposto definitivamente ad una domanda madre?

Ho talento, posso conseguire risultati, cosa faccio?

Non scelgo nulla, e mi tengo la sicurezza che nulla raggiungerò, o mi metto in gioco, in crisi, accettando e vivendo la fatica del disequilibrio, il dubbio di non riuscire, le sconfitte di gran lunga superiori alle vittorie, ma scelgo di provarci?

Perché nella vita la differenza la fa l'intenzione, la disponibilità a stare in più possibile nel dubbio, a vivere l'incertezza come una possibilità di arricchimento, crescita, scoperta, di se stessi e delle possibilità che la vita, la realtà, propone nel nostro incedere quotidiano.

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Sinner ha scelto di mettersi in crisi, di non accontentarsi di una carriera sicura tra i primi 30 al mondo, di immaginare, creare in sè il percorso più difficile, come riuscire ad abbattere muri in successione.

"Voglio riuscire a battere i top ten" un giorno disse, rendendosi conto che era sulla soglia dei primi dieci al mondo e se rimaneva a fare sempre le stesse cose non sarebbe mai riuscito ad entrare nell'olimpo dello sport che gli stava dando delle possibilità.

Ha fatto delle scelte, coraggiose, criticate da molti, ma convinto che almeno avrebbe avuto il ricordo di averle fatte, averci provato, a prescindere dall'incertezza dei risultati.

Mettendo sul piatto, oltre che la disponibilità a creare disequilibri, a mettersi in crisi appunto, anche un altra qualità fondamentale per sperare di riuscire nei propri intenti.

La consistenza a prescindere dalle contingenze.

Una linea, un filo, da tenere sempre presente, una rotta da avere di fronte, come un orizzonte da perseguire, prendere, con il timone ben fermo tre le proprie mani, a prescindere dalle cadute, rialzandosi ogni volta con il pensiero del percorso da perseguire.

Ed eccoci qui.

Il secondo italiano nella storia a essere al numero quattro del mondo.

Sicuramente una tappa di un personale Tour de France, con un arrivo finale ancora molto lontano, vista la giovane età.

Sinner esprime la pedagogia del "viaggio dell'eroe" che Vogler ha ben spiegato.

Un canovaccio novecentesco che pare ormai dimenticato, ognuno di noi, genitori e figli, persi in uno schermo di un device.

La disponibilità a rimanere in gioco, a frequentare due piattaforme social ormai senza più follower. 


Essere vivi e scendere a rete.

Uno slancio rischioso, faticoso, affascinante.

La possibilità di toccare con mano e vivere la felicità.

L'avversario, l'Altro, la pallina, la Realtà.

Due prospettive, due altrove, da rispettare e amare, nella misura in cui altro non sono che le vie maestre per realizzare se stessi.

Per essere, nelle sconfitte e nelle vittorie, gli autori e i padroni del proprio destino.














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SCRIVERE RENDE FELICI. LA SCRITTURA EMOTIVA. EMOZIONI E PAROLE DA VIVERE ASSIEME.

 


Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perché.
I loro desideri hanno le forme delle nuvole.
 
Charles Baudelaire


LA SCRITTURA EMOTIVA



Una guida, un manuale da tenere con sè, un dizionario delle emozioni. Definitivo. Per tradurre il vissuto, le immagini, il prodotto chimico- emotivo, in noi. Per comporre il testo da restituire sulla pagina, narrare quell'alveo, l'esperito, che viviamo ma non riusciamo ad esprimere, ripercorrere. Per colmare la distanza tra la vita e il vivere. Due realtà apparentemente inconciliabili. In Emozioni e Parole troverai un percorso da fare assieme, passo dopo passo, per sentire e capire, leggere e scrivere, in un dialogo sempre attivo tra l'esperienza, in questo caso la lettura del testo e ciò che viene richiamato dalle profondità del nostro essere. Per aprire quello scrigno dimenticato, ma in noi, nel quale sono state salvate le pietre preziose che, tradotte in parole, permetteranno di creare l'autenticità della narrativa. Per sciogliere una male-dizione in una bene-dizione. Leggere rende liberi, scrivere felici. Quando avrai finito di vivere questo percorso di creazione della "scrittura emotiva" avrai capito il perchè.



Il sommario del saggio

I passi della realizzazione della scrittura emotiva, un viaggio interiore da restituire per proporre il percorso al lettore. Da fare assieme:

Premesse introduttive. 7



Premesse introduttive
 
Il mio scrivere è un percorso lungo nel quale il momento in cui mi metto alla tastiera non è che la penultima tappa prima dell'arrivo a fine corsa..
La partenza: l’esperito quotidiano.
Il passo successivo: la messa a fuoco di un senso in ciò che sto vivendo, ho vissuto, vorrei vivere.
Viene a configurarsi in me la necessità di esprimere un concetto.
Dare un nome e articolare un discorso sulla sensazione che poco prima ha dato una scossa ai miei pensieri sino ad allora tranquillamente messi in stand-by dalla tranquilla routine quotidiana e che la realtà mi propone e della quale non posso più rimandarne la comprensione.
Il concetto va a collegarsi con ricordi, vissuti, racconti, eventi, in automatico.
La memoria a questo punto elicita emozioni.
Sentimenti che sono propri dell'immaginario che il vissuto di partenza ha messo in luce.
E’ un movimento eminentemente interiore.
L’inizio e la fine di tutto in un unico momento, la terra di mezzo sarà da scoprire, il senso che noi diamo al nostro essere in gioco, un misto da scomporre e mettere in forma discorsiva, per realizzare scenari sempre più vivibili per il nostro procedere.
 
 
 
 “ Tu lo sai cosa sono i fasiani?
No. Cosa sono?
 
Uccelli. Uccelli che provano tutte le emozioni in un solo istante. Quando cantano esprimono amore e rabbia e paura e gioia e tristezza tutto insieme, mescolato in un unico suono magnifico! Quando gli capita di incontrare l’amore della loro vita sono al tempo stesso felici e tristi. Felici perché capiscono di essere di fronte all’inizio, ma tristi perché in fondo sanno che è già finita.”
 
Astrid Bergès-Frisbey
Micheal Pitt – Ian
 
Progetto che esprime la volontà di restituire storie di vita paradigmatiche in forma semplice, all'interno di un racconto interessante, che le rappresenti nel migliore e più ampio dei modi.
Un percorso proprio dell’esperienza quotidiana, un “qui e ora” che va a collegarsi con il “la e allora” che “salvo” e mi propongo di tradurre, riproporre e restituire.
Pressante in me la necessità di esprimere pienamente tutto ciò.
Inserisco la variabile del tempo, mi concedo momenti di “riflessioni”, apro in me finestre che salvano e lasciano in quiescenza il concetto che ho intravisto e che l’esperienza mi ha messo di fronte, poi entrato in me, vagando nel mio mondo interiore.
Un lento “decantare” in attesa di “vedere” le parti ben rappresentate e sempre più “chiare”.
 
La sensibilità è una condanna ma ti consente di cogliere migliaia di  colori in un viaggio in bianco e nero.
Michelangelo Da Pisa
 
Esperienza
Tutti i luoghi che ho visto,
che ho visitato,
ora so – ne sono certo:
non ci sono mai stato.
Giorgio Caproni
 
A questo punto nasce una necessità “fisiologica” di restituire, “scaricare”, in forma di parole questo vero e proprio “prodotto” che è un misto d’intellettualità, emotività razionalità, e può essere rappresentato in forma di parole, racconto, narrazione.
Mi metto allora a scrivere senza pensare inizialmente alla corretta espressione, ma ascoltando, accogliendo, accettando questo “prodotto” emozionale fatto di un concetto di partenza sottostante a tutto, ricordi, emozioni e sentimenti che danno “vitalità” al vissuto che tutto ciò ha elicitato.
 
…perch’io, che nella notte abito solo, anch’io, di notte, strusciando un cerino sul muro, accendo cauto una candela bianca nella mia mente – apro una vela timida nella tenebra, e il pennino strusciando che mi scricchiola, anch’io scrivo e riscrivo in silenzio e a lungo il pianto che mi bagna la mente….
Giorgio Caproni
Non siamo che alla metà del percorso che dovrà portarmi alla stesura finale del testo “pubblicabile”.
Collegata a questo metodo che io definisco “scrittura emotiva”, è la tecnica “citazionistica” che entrerà in aiuto nella fase di “revisione” del testo, fondamentale per definire il mio rapporto con i lettori.
Metto in campo i miei “amici elettivi”, autori che ho chiamato in soccorso nella solitudine della mia crescita, pomeriggi sconfinati in una casa di soli libri, sogno ancora in atto che non ho nessuna intenzione di interrompere..
Questo il percorso che mi porta alla tastiera.
Un ultimo passaggio sarà necessario.
Eliminare ogni mio protagonismo dal testo per far entrare in campo chi andrà a leggere le mie pagine.
Il loro quotidiano, in questo caso la “lettura” delle mie pagine, li porterà, inconsapevolmente a ripercorrere una medesima esperienza.
Le mie parole, i loro concetti, ricordi, emozioni.
Il cerchio si chiude.
Come ottenere questa “reazione” da parte di chi leggerà il mio “testo emotivo”?
Predisporre i presupposti per l’imbarco e fare assieme lo stesso viaggio?
Ognuno sul proprio spartito.
La vita è un viaggio, e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina.
Agostino d’Ippona
 
Viaggiare è come sognare: la differenza è che non tutti, al risveglio, ricordano qualcosa, mentre ognuno conserva calda la memoria della meta da cui è tornato.
Edgar Allan Poe
 
La versione finale sarà da riproporre ripulita da ogni mia presenza, protagonismo, il testo ripulito da ogni possibile “condizionamento”, il lettore non dovrà mai sentirsi condotto, in soggezione, da parte dello scrivente.
Necessario eliminare mie spiegazioni, interpretazioni, dimostrazioni di “intelligenza”, lasciando “sul terreno” solo la narrazione, il puro racconto, le emozioni, come quei disegni in cui sono presenti solo i contorni, così da lasciare il lettore libero di colorare partendo da se stesso, dal proprio immaginario interiore, le mappe emotive-concettuali rappresentate.
 
L’arte di scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole.
Henri Bergson, L’anima e il corpo (conferenza), 1912
Questo “lavorio” mi coinvolge totalmente nel corso della mia esperienza quotidiana.
Soffermarmi su concetti che fanno da “start” a tutto ciò che ho appena descritto.
La lettura è piacere e gioia di essere vivo o tristezza di essere vivo, e soprattutto è conoscenza e domande.
Roberto Bolano, 2004, (postumo)